Pensione integrativa per un futuro sereno

da | 10 Mag 2024

Devo confessarlo, anch’io come tantissimi italiani, nel pieno dell’attività lavorativa, giovane e interessato a entusiasmanti progetti, a tutto ho pensato tranne che ad un fatto ancora lontano a venire… cioè il momento della “pensione”. Dicevo tra me e me, ancora c’è tempo, poi si vedrà!

L’attenzione a questo delicato tema comincia a manifestarsi, quasi sempre, quando il fatidico giorno è ormai prossimo. È solo allora che ci si rende conto di avere commesso un imperdonabile errore, cioè non avere pensato per tempo ad una provvidenziale pensione integrativa!

A questo problema, infatti, bisogna pensarci a tempo debito, quando si è ancora giovani, cosicché il risultato sarà quello desiderato, ovvero una buona pensione integrativa che andrà a colmare la striminzita essenzialità di quella pubblica.

Va riconosciuto che, oggi, è senza dubbio assolutamente indispensabile. A tal conferma si pensi che, attualmente, un italiano su tre percepisce una pensione inferiore ad € 1.000,00 mensili; dato che è destinato a peggiorare verificato che, oggi, la nostra pensione equivale a circa l’81,5% del nostro ultimo stipendio e che, progressivamente, andrà a ridursi fino al 67,6% entro il 2050. C’è davvero poco da stare allegri!

Va precisato che queste non sono previsioni catastrofistiche ma dati reali accertati, per cui ne consegue che, oggi più che mai, il ricorso alla previdenza integrativa è l’unico rimedio per bilanciare le vistose carenze della componente pubblica.

Come più volte ricordato, il nostro, pur essendo un paese di grandi lavoratori e di grandi risparmiatori, cosa ancora più incomprensibile assodato ciò, poco o nulla si è interessato a questo delicato argomento.

A riprova di ciò vi citiamo alcuni dati che dovrebbero indurci ad una attenta riflessione: la previdenza pubblica contribuisce al 75% al reddito di soggetti con più di 65 anni, mentre la previdenza complementare solo per il 5,3%. Per un confronto, analizziamo i dati dei paesi più evoluti: Germania (13,7%), Francia (15,4%), Regno Unito (41,8%), Paesi Bassi (44,9%).

Non c’è alcun dubbio che questi sconfortanti dati, sono in netto contrasto con la vocazione al risparmio degli italiani. Ma se si è risparmiatori non si dovrebbe essere anche previdenti? O no? Si pensi che le risorse gestite dalla previdenza complementare rappresentano solo il  12,7% del PIL, un valore 10 volte inferiore alla media dei paesi dell’OCSE.  

Da vecchio agente di assicurazioni non posso dir altro che questi italiani proprio non li capisco! Risparmiano come le formichine eppoi ignorano l’aspetto previdenziale!

Questa considerazione interessa, principalmente, quel cospicuo numero di lavoratori “autonomi” che pensano a far soldi durante l’età lavorativa  disinteressandosi, colpevolmente, del “dopo”. Inevitabilmente, arriverà “quel giorno” e, volenti o nolenti, dovranno contentarsi di una pensione modesta che, certamente, non potrà garantire lo stesso tenore tenuto durante l’età lavorativa. A chi attribuire questa colpa? Alle istituzioni o a se stessi? Consiglio vivamente di riflettere su ciò.

Ma non è solo questo! Mi chiedo anche come un lavoratore autonomo non pensi a tutelarsi dalle conseguenze di un infortunio o di una malattia che lo costringeranno all’inattività, poi con le inevitabili ricadute economiche a livello familiare. Questo, secondo voi, significa essere previdenti? Oppure preferiamo adagiarci sugli allori del vecchio motto “meglio un giorno da leoni che 100 da pecoroni”? Lascio al vostro buonsenso la risposta.

Che dire cari lettori? La mia carissima nonna, allorquando incorrevo in certe situazioni per mia esclusiva colpa, mi ricordava sempre un vecchio proverbio: chi è causa dei suoi mali pianga se stesso. Nulla di più vero. Dunque, quanto trattato, è l’occasione per invitare tutti ad una attenta riflessione su questo delicato tema affidandoci, magari, alla pur magra considerazione che… non è mai troppo tardi e siamo ancora in tempo per rimediare!
Mimmo Inzerillo