Le prime grandi imprese commerciali del medioevo caratterizzate dallo scambio di grandi quantità di merci che venivano trasportate da un continente all’altro, via mare o via terra, fecero avvertire, sempre più, l’esigenza di una forma di protezione contro le insidie, di ogni natura, che tali viaggi potevano comportare. Genova, grande Repubblica marinara, visse molto intensamente questo fermento affermando la sua presenza anche nelle più remote frontiere.
Jacopo e Ansaldo De Oliveira nel 1333 si trovavano “ad partes Catagi, trafegando, negociando et mercando….” e, proprio nel Catai (Cina) il primo morì non dimenticando, però, di dettare il proprio testamento ad un altro genovese, tale Domenico Ilone.
Tuttavia, oltre questo, anche altri reperti testimoniavano la presenza genovese nel 1200 e primi del 1300, in India, in Persia, in Turkestan ed anche in Cina, sfatando, dunque, il falso mito secondo cui le terre di Cina furono prerogativa dei soli veneziani.
L’unica differenza risiede nel fatto che mentre il veneziano Marco Polo lasciò una traccia delle sue esperienze in Cina, raccogliendo le proprie memorie di “scopritore” delle terre del “Gran Cane” (V. Il Milione), non altrettanto invece, della presenza genovese in quelle terre, seppur rilevante, è rimasto di scritto e divulgato.
Dunque, il periodo a cavallo tra il 1200 ed il 1300, coincise con le grandi imprese commerciali in cui le repubbliche marinare, particolarmente quelle di Genova e di Venezia, furono le vere protagoniste, ed è soprattutto nel mare che di dispiega appieno la capacità imprenditoriale di queste due realtà politiche ed economiche.
Questa autentica rivoluzione commerciale richiese, come detto, l’istituzione di strumenti contrattuali che, in qualche modo, regolamentassero e garantissero i rapporti tra le parti.
Proprio da tale esigenza scaturì l’idea di ripartire o di trasferire i rischi ad altre figure imprenditoriali che, in cambio del pagamento di un corrispettivo, potessero garantire un indennizzo per i danni patiti durante la navigazione o durante il viaggio via terra.
Di fatto, questi furono i primi precursori dell’assicurazione nell’accezione da noi conosciuta.
Parlando di Repubbliche marinare, è del tutto intuitivo che oggetto di queste forme assicurative erano principalmente i trasporti marittimi. Si trattava, nei fatti, di un contratto “su pegno a rischio di mare”, in base al quale si consentiva al danneggiato di trattenere la somma data in pegno nel qual caso l’evento si fosse verificato; mentre, detta somma, sarebbe stata restituita ove l’indesiderato evento non si fosse verificato. Va tuttavia detto che, poichè regolato da un contratto, l’obbligo della restituzione era legata ad un pagamento, nei fatti, solo fittizio. Per essere più chiari, in forza a tale contratto, nasceva un’obbligazione con prestazioni reciproche che nessuna delle parti poteva disattendere.
Presto si intuì che questo innovativo “meccanismo” costituiva un vero “business” legato, per l’appunto, alla sua grande divulgazione.
A Genova, infatti, la partecipazione finanziaria ai rischi ed ai lucri assicurativi, si estese a tutta la cittadinanza che non disdegnava di rischiare i propri capitali in queste imprese, evidenziando, ancora una volta, quello spirito di iniziativa e di imprenditorialità, prerogativa della società genovese.
Tuttavia, ad un certo punto, più precisamente attorno al 1500, si manifestò l’allarmante deriva di taluni paesi islamici che ridimensionò lo slancio imprenditoriale del settore assicurativo che non poteva più sostenere i disastri causati dalle scorribande piratesche. Ad esso si sostituì, allora, una nuova forma di protezione, ovvero la cosiddetta “navigazione a convoglio” che consisteva nella scorta di vascelli, prevalentemente inglesi od olandesi, fortemente armati, i quali ne garantivano la sicurezza.
Trascorsero così alcuni secoli senza grandi sconvolgimenti, sino a quando sopraggiunse la meteora napoleonica che, sulla scorta degli accertamenti compiuti nel corso dell’anno 1816, causò la quasi completa dissoluzione della flotta mercantile genovese.
Ma la rinnovata caparbietà ed imprenditorialità, tipica della società genovese, portò alla ricostruzione di una importante flotta mercantile alla quale seguì, come in una logica simbiosi, la nascita delle prime compagnie di assicurazioni marittime. La prima, la “Compagnia di Commercio per le assicurazioni marittime” fu costituita nell’agosto del 1816. Tre anni dopo, le compagnie erano diventate sei.
Tuttavia, un disastroso fortunale che si rovesciò sul porto di Genova il giorno di Natale, provocò danni ingentissimi per cui, tre delle citate sei compagnie, non riuscirono a sostenere la loro parte di oneri cadendo in stato fallimentare.
Superata l’emozione per tale desolante avversità, nacquero nuove compagnie di assicurazione. Nel 1824 la “Compagnia di Genova”, l’anno dopo la “Compagnia Nautica”, nel 1831 la “Compagnia del Mediterraneo” e la “Compagnia Generale”, nel 1832 la “Compagnia di Assicurazione” e la “Compagnia degli Assicuratori Nazionali”.
Così, tra alti e bassi, l’avventura proseguì sino a giungere al 1872, anno in cui si registrò il prevalere della navigazione a vapore rispetto quella a vela e, fu proprio quell’anno, che venne costituita la società ITALIA per operare nei trasporti marittimi, fluviali e terrestri divenendo la capofila di questo particolare settore.
Indubbiamente, tutto questo lavoro compiuto dai genovesi in quell’arco di tempo che intercorre tra il 1200 sino a tutto il 1800, ha rivelato una significativa organica compiutezza e, di pari, offerto un contributo storico di grande pregio, impedendo che questo straordinario vissuto, maturato in ambito commerciale ed assicurativo, potesse cadere nel silenzio degli archivi.
Mimmo Inzerillo