Che il nostro sia un paese poco assicurato non è una novità e, purtroppo, questo poco lusinghiero dato lo si registra in più settori delle assicurazioni; pensate, persino nella RCA obbligatoria! È accertata, infatti, una preoccupante moltitudine di auto circolanti sprovviste di assicurazione; è proprio di questi giorni la notizia di un sinistro mortale causato da una vettura non assicurata, collaudata per due persone ma sulla quale ne viaggiavano quattro e, per di più, condotta da un soggetto sprovvisto di patente. Questi fatti, chiaramente delineano la criticità della situazione.
È assolutamente incomprensibile che un paese che possiede una delle economie più forti del mondo, tecnologicamente avanzatissimo, leader europeo nella ricerca aerospaziale, ai vertici nella produzione di lanciatori, moduli abitativi, satelliti e sensoristica di altissimo livello, in ambito di coscienza assicurativa si ponga, poi, nelle retrovie.
Il nostro paese ha assistito, negli ultimi anni, al ripetersi di calamità naturali con preoccupante frequenza e, purtuttavia, solo a fatti avvenuti si discute ipocritamente di quanto si sarebbe dovuto e potuto fare per arginarne gli effetti. È agli occhi di tutti la poca lungimiranza delle istituzioni preposte ma, anche, la poca “coscienza” e “conoscenza” assicurativa della gente comune che, inevitabilmente, riduce la protezione dei suoi patrimoni. L’ultimo disastro in Emilia Romagna ne è prova lampante, tutto è demandato allo Stato unico responsabile di tutte le sventure del mondo, nel mentre, chi avrebbe dovuto provvedere alla prevenzione, con tracotanza inaudita lancia proclami ed accuse a destra e a manca, sottraendosi vigliaccamente alle sue responsabilità. Ma, signori cari, questa è l’Italia di oggi!
A parte le gravi ricadute sull’economia che questi eventi comportano, non va trascurata, come già detto, la mancanza di una coscienza assicurativa che, in definitiva, rappresenta la reale fotografia del nostro paese; per fare un esempio, in un paese in cui la voce “agricoltura” occupa una grande rilevanza sull’economia nazionale, meno del 10% delle aziende agricole italiane possiede una polizza assicurativa contro gli eventi naturali e, di contro, cosa altrettanto incredibile, in un paese a minor vocazione agricola come la Germania, il 70% delle aziende agricole è, invece, coperto contro tali rischi.
Questa insensibilità, purtroppo, è radicata nell’animo di molti italici imprenditori e comuni cittadini che, come detto, ritengono una copertura assicurativa solamente un “di più” e non, invece, una imprescindibile necessità. Dunque, tra le priorità, l’assicurazione riveste un ruolo solo secondario. Converrete che, con i tempi che corrono, questo pensiero è del tutto fuorviante; oggi le colture non sono più lavorate col solo ausilio del bove o del mulo, ma con l’utilizzo di macchine ed attrezzature sofisticate nonché di strutture aziendali che comportano investimenti molto importanti, anche di centinaia di migliaia di euro, per cui è del tutto inconcepibile affidare la loro protezione alla benevolenza della sorte.
Un’alluvione… e tutto è irrimediabilmente perduto! Viene allora spontaneo porsi una serie di “ma”: ma come si può giustificare tutto ciò? Ma come si può sperare solo negli aiuti delle istituzioni? Ma si può credere e pretendere che le istituzioni possano rifondere tutti i danni? Ma crediamo, forse, di vivere nell’immaginifico paese dei campanelli?
Paesi che sino a pochi anni fa erano molto indietro rispetto al nostro (vedasi Spagna), con l’uso saggio e corretto degli aiuti comunitari, hanno saputo realizzare una realtà agricolo/alimentare di mirabile importanza. Anche in Spagna, come in tutto il resto d’Europa, le catastrofi naturali sono all’ordine del giorno ma, purtuttavia, affrontate con la prevenzione ed il supporto di idonee coperture assicurative, indipendenti dagli improbabili aiuti statali. Del resto appare abbastanza ovvio che ognuno debba provvedere alla tutela delle proprie cose.
Non vorremmo essere troppo critici, ma attribuiamo ciò ad una consolidata forma mentis; il nostro imprenditore, molto spesso, posta una data scala di valori, preferisce impegnare risorse per l’acquisto di un lussuoso Suv anziché “regalare soldi” all’assicurazione per una “banale” polizza contro le calamità naturali… non sia mai cotanto spreco di denaro!
Oggi, però, finalmente, ci si accorge che lo Stato non dispone di risorse infinite per far fronte a questi disastri e, quindi, impone alle aziende di assicurarsi contro tali eventi, avocando a sé, com’è giusto che sia, solo gli interventi per la protezione del territorio e delle relative infrastrutture.
Se tutto questo fosse stato fatto negli ultimi 10/12 anni, durante i quali ha brillato la colpevole assenza ed inefficienza di talune regioni, in particolare quelle a costante rischio idro geologico, oggi parleremmo di altro e non, invece, della conta dei danni e di ciò che non è stato fatto.
Se, da un lato, le responsabilità delle amministrazioni appaiono evidenti, altrettanto evidente appare la scarsa presa di coscienza dei comuni cittadini che sembrano volersi estraniare dalla realtà e demandare ad altri la tutela delle proprie cose e la soluzione dei relativi problemi.
Ma denunciare tutto ciò, purtroppo, rimane solo un urlo nel deserto!
Rendiamocene conto, in un mondo reale tutto questo è inammissibile e, pur sommessamente, ricordiamo a costoro, ove non l’avessero capito, che siamo nel 2024!
Mimmo Inzerillo